A buon rendere

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La raccolta differenziata, da sola, non basta più a risolvere il problema degli imballaggi, specialmente quelli che vengono consumati fuori casa, come i contenitori da asporto, le bottiglie in plastica o vetro e le lattine.

È qui che entra in gioco il sistema del Deposito Cauzionale (DRS, Deposit Return Scheme), un meccanismo che molti Paesi hanno già adottato e che ora è sostenuto anche dall'Unione Europea. Il funzionamento è semplice: quando si acquista una bevanda confezionata in plastica, vetro o metallo, si paga una piccola cauzione. Questa somma viene restituita al consumatore quando riporta il contenitore vuoto e lo inserisce in appositi macchinari, spesso situati fuori dai supermercati o nei pressi dei punti vendita.

Questo sistema, ormai consolidato in molti Paesi europei, è ritenuto essenziale per raggiungere gli obiettivi di raccolta e riciclo fissati a livello comunitario. In Italia, tuttavia, l'adozione del DRS stenta a decollare. La resistenza è forte, non solo da parte del governo, ma anche da parte di attori chiave come il CONAI, il consorzio che gestisce il riciclaggio degli imballaggi. Il CONAI, infatti, sostiene che l'introduzione di un sistema di deposito cauzionale rappresenterebbe una "duplicazione inutile di costi economici e ambientali".

Nonostante queste critiche, i sostenitori del DRS, come Silvia Ricci, responsabile della campagna "A buon rendere – molto più di un vuoto", ribattono che l’esperienza dei Paesi che già utilizzano il sistema dimostra il contrario. L’introduzione del DRS, infatti, non sostituisce la raccolta differenziata, ma la integra. Nei Paesi in cui è stato adottato, i due sistemi coesistono con successo senza un aumento significativo dei costi, e i vantaggi sono evidenti: si riescono a recuperare quegli imballaggi che sfuggono alla raccolta differenziata, come le bottiglie e le lattine abbandonate nell'ambiente o nei cestini stradali, che altrimenti finirebbero incenerite con i rifiuti indifferenziati.

In Italia, ogni anno circa sette miliardi di imballaggi per bevande non vengono riciclati, causando costi che ricadono sui Comuni e, di conseguenza, sui cittadini. A ciò si aggiunge la cosiddetta Plastic Tax, che l'Italia deve pagare all'Unione Europea per ogni tonnellata di plastica non riciclata, e che viene anch'essa scaricata sui contribuenti. Il DRS potrebbe contribuire a ridurre questi costi, recuperando una percentuale significativa degli imballaggi dispersi.

Perché il DRS possa funzionare efficacemente in Italia, un elemento chiave è il valore della cauzione. Questo deve essere sufficientemente alto da incentivare i consumatori a restituire i contenitori, ma non tanto elevato da risultare un onere eccessivo. Si stima che, in Italia, la cauzione dovrebbe aggirarsi tra i quindici e i venti centesimi per singola unità.

Il modello proposto per la gestione del sistema in Italia è quello centralizzato, già adottato con successo in altri Paesi europei. Si tratterebbe di un'organizzazione non profit finanziata da produttori e rivenditori di bevande, i quali, per ogni imballaggio venduto, verserebbero una piccola commissione che coprirebbe i costi operativi. Secondo studi condotti in Paesi dove il DRS è già attivo, la presenza di questi sistemi di raccolta aumenta anche il flusso di clientela nei negozi, migliorando l’immagine degli esercizi commerciali dal punto di vista ambientale e sociale.

Infine, uno studio condotto per valutare l’impatto economico e ambientale dell’introduzione del DRS in Italia ha stimato che in appena due anni si potrebbe raggiungere una percentuale di raccolta del 95,3% per le bottiglie in plastica PET, del 96% per le lattine e del 95,8% per le bottiglie in vetro. Risultati che dimostrano come l'adozione del deposito cauzionale potrebbe rappresentare un vero e proprio passo avanti nella gestione dei rifiuti e nella protezione dell'ambiente in Italia.

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